Solidi Platonici

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Solidi platonici

Strutture metalliche che rappresentano i cinque solidi platonici.

Si tratta di solidi che presentano il maggior livello di regolarità possibile e il maggior numero di simmetrie. 

L’exhibit rappresenta i cinque solidi platonici con una sequenza di strutture metalliche di acciaio inox, che tengono sospesa, al proprio interno, la medesima figura geometrica, stavolta costruita in lamiera di acciaio zincato verniciato con polvere epossidica rossa.

Per capire la particolarità dei solidi platonici, è utile riassumere alcune regole basilari alle quali questi rispondono:

passando dalla geometria piana a quella solida, 

  1. tetraedro: quattro triangoli equilateri.
  2. esaedro (meglio noto come cubo): sei quadrati.
  3. ottaedro: otto triangoli equilateri.
  4. dodecaedro: dodici pentagoni regolari.
  5. icosaedro: venti triangoli equilateri.

Tradizionalmente il merito di aver scoperto (alcuni) solidi platonici viene attribuito alla scuola pitagorica. Il tredicesimo libro degli “Elementi” di Euclide riferisce che i pitagorici conoscevano solo il tetraedro, il cubo e il dodecaedro, mentre non conoscevano l’ottaedro e l’icosaedro, la cui scoperta si deve a Teeteto (413 - 369 a. C.), il primo a citarli (come desunto dal Libro X degli “Elementi” di Euclide).

Tali solidi hanno però preso il nome da Platone per il posto prominente che occupano nel suo sistema filosofico. Anche se già i pitagorici avevano affermato che la diversità degli elementi che compongono il mondo fisico dipende dalla diversità geometrica delle particelle infinitesimali da cui gli elementi sono costituiti, questa dottrina fu in seguito meglio precisata da Platone.

Nella filosofia platonica le idee (come i numeri o le forme geometriche) esprimono realtà superiori al mondo dei sensi, conoscibili solo mediante l’intelletto. Tali idee definiscono i modelli ideali ed eterni delle cose terrene, le quali sono solo a loro volta rappresentazioni (più o meno fedeli) di quelle perfezioni immutabili. 

Nel “Timeo”, Platone associa ad ogni poliedro regolare uno dei quattro elementi che nella filosofia greca costituivano la materia (aria, acqua, terra e fuoco). I platonici pensavano che i poliedri regolari componessero gli elementi della materia al livello che noi oggi chiamiamo atomico, così da risultare invisibili. La somma di un elevato di numero di poliedri avrebbe reso visibili le masse degli elementi. 

L’abbinamento poliedro-elemento si basa su mobilità, acutezza, peso e dimensioni:

Viene spontaneo osservare tuttavia che gli elementi naturali sono quattro mentre i poliedri regolari cinque. Vediamo come venne risolta la discordanza: Platone definì il dodecaedro come il poliedro usato dalla divinità per ricamare le costellazioni sulla regione dell’universo posta al di sopra della sfera terrestre. In seguito esso  fu associato all’etere, il fantomatico “quinto elemento”, un’ipotetica sostanza imponderabile e trasparente che si supponeva riempisse tutto l’universo, e alla ricerca della quale, per secoli, gli alchimisti medievali si accanirono in modo quasi ossessivo. 

dell’universo posta al di sopra della sfera terrestre. In seguito, il dodecaedro fu associato all’etere, il fantomatico “quinto elemento”, un’ipotetica sostanza imponderabile e trasparente che si supponeva riempisse tutto l’universo, e che per secoli venne ricercato accanitamente dagli alchimisti medievali. 

I solidi platonici hanno sempre affascinato artisti e studiosi, per la perfetta simmetria e regolarità delle loro proporzioni. Alcuni hanno cercato in essi significati nascosti: nel ‘500, Keplero tentò di mettere in relazione i solidi platonici con i pianeti all’epoca conosciuti.