Rampa della tetraktys

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Rampa della tetraktys

Rampa che indica i numeri triangolari da 1 a 10 la tetraktys simbolo dei pitagorici.

La tetraktys (in italiano tetrade) è un triangolo equilatero formato da dieci punti (che rappresentano i numeri da uno a dieci) organizzati su quattro righe:

Assieme al pentagramma stellato, era il simbolo più importante della scuola pitagorica, tanto che su essa i pitagorici pronunciavano il giuramento più impegnativo: “Giuro su (Pitagora) che ci ha rivelato la tetraktys, nella quale troviamo la fonte e la radice della natura eterna”.

La pavimentazione della successione di rampe che conducono al Museo di Parco Pignera è decorata con una serie di inserti di marmo bicolore che evidenziano il legame che sussisteva nella filosofia pitagorica tra i numeri e le figure geometriche, presupponendo una rappresentazione spaziale dei numeri stessi, visti come insiemi di punti. 

La prima rampa indica i numeri triangolari (il quarto dei quali corrisponde appunto alla tetraktys), la seconda i numeri quadrati (numero di cifre necessarie per riempire lo spazio delimitato dal quadrato), la terza quelli pentagonali (numero di cifre necessarie per riempire lo spazio delimitato dal pentagono) e la quarta quelli esagonali (numero di cifre necessarie per riempire lo spazio delimitato dal esagono). 

La tetraktys non era considerata un semplice simbolo, ma una divinità la cui intercessione era invocata con questa preghiera: “Benedici noi, numero divino, che hai generato dei e uomini, sacra tetraktys che contieni la radice e la sorgente del flusso eterno della creazione, perché il numero divino inizia con l’unità pura e profonda, raggiunge il sacro quattro, per poi generare il sacro dieci, la madre di tutto, che tutto collega, il primo nato, colui che non devia mai, che non si ferma mai, che detiene la chiave di tutte le cose”.

Per capire la devozione dei pitagorici nei confronti della tetraktys, occorre ricordare che Pitagora e i suoi adepti ritenevano il numero sostanza di tutte le cose. Il loro atteggiamento è chiarito nella Metafisica di Aristotele: “I pitagorici credevano che i principi matematici fossero i principi di tutte le cose. E poiché i principi della matematica sono i numeri, parve loro di vedere in questi (più che nel fuoco, nella terra, nell’acqua e nell’aria) somiglianza con le cose che sono o che divengono. Poiché ogni cosa nella natura appariva loro simile ai numeri, e i numeri apparivano primi tra tutto ciò che è nella natura, pensavano allora che gli elementi dei numeri fossero elementi di tutte le cose, e che il mondo fosse numero”.

I pitagorici quindi non vedevano nel numero un’entità astratta da chiamare in causa al momento di fare calcoli, ma l’essenza stessa della realtà. Continua Aristotele: “I pitagorici ritenevano che il numero fosse non solo la materia degli esseri, ma anche la proprietà delle cose e la condizione alla base delle loro modifiche. Ritenevano elementi del numero il pari e il dispari, l’uno pensato come illimitato, l’altro come limitato. Consideravano l’unità derivare da entrambi e dall’unità pensavano che nascesse il numero, e che dei numeri consistesse il mondo.”

Se il numero è la sostanza di tutte le cose, allora tutte le opposizioni tra le cose sono riconducibili a opposizioni tra numeri. Il contrasto fondamentale tra le cose è tra illimitato e limitato, cui corrisponde la distinzione fondamentale dei numeri in pari e dispari.

I numeri dispari corrispondono alle cose limitate, i pari a quelle illimitate: nei primi l’unità dispari costituisce il limite al processo di divisione, nei secondi questo limite manca. I pitagorici amavano rappresentare i numeri in forma grafica, servendosi di pietruzze. Se dividiamo un numero disponendo le pietruzze una in alto e una in basso (oppure una a sinistra e una a destra), alla fine del processo di divisione ci rimarranno necessariamente o due sassolini (se il numero da dividere è pari) o tre sassolini (se il numero da dividere è dispari).

La divisione del due e di tutti i numeri pari termina col vuoto: poiché i pitagorici non concepivano lo zero, i numeri pari erano considerati negativamente perché la loro divisione originava il nulla, l’assenza di numeri, e dunque esprimevano l’imperfezione e il disordine. 

Al contrario, la divisione del tre e di tutti i numeri dispari trovava un ostacolo nell’unità residua: dunque i dispari erano considerati positivamente perché la loro divisione originava l’uno, il principio generatore di tutti i numeri e, in ultima istanza, di tutte le cose. I numeri dispari esprimevano così la perfezione e l’ordine.

Dal canto suo, l’uno non era considerato né pari né dispari, perché la sua aggiunta rendeva pari il dispari e dispari il pari.

Da queste prime due coppie di opposti (limitato / illimitato, dispari / pari) derivavano le altre otto menzionate da Aristotele: “I pitagorici affermavano che i principi sono dieci: limitato e illimitato, dispari e pari, uno e molteplice, destro e sinistro, maschile e femminile, statico e mobile, dritto e curvo, luminoso e tenebroso, buono e cattivo, quadrato e rettangolare.”

La filosofia pitagorica era una filosofia degli opposti: alcune delle dieci coppie esprimevano un giudizio di valore di un termine rispetto al suo opposto. In questa dimensione simbolica, il bene era dalla parte del limite e della luce, dei numeri dispari o maschili, mentre il male era dalla parte dell’illimitato e dell’oscuro, dei numeri pari o femminili. 

La decade, il numero perfetto per i pitagorici, desumeva il proprio valore sacro probabilmente dallo strappo compiuto dalla matematica greca nei confronti del sistema babilonese (a base sessagesimale).

I numeri che componevano la tetraktys erano l’immagine dell’universo, essendo intimamente connessi agli enti geometrici fondamentali: