Fonte Teorema

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Fontana Teorema

Fontana con vasche comunicanti che rappresentano il teorema di Pitagora.

Ecco La Fontana del Teorema, la prima installazione che incontriamo lungo il nostro percorso. Ovviamente, è del teorema di Pitagora che stiamo parlando.

Qui di seguito potete osservare il particolare schema dell’installazione, come appare vista dall’alto.

La Fontana del Teorema è formata da ben 31 vasche le quali, rivestite di tessere di mosaico e poste ad altezza decrescente, rappresentano tridimensionalmente i quadrati costruiti sui cateti e sull’ipotenusa di un triangolo rettangolo isoscele in acciaio rosso. 

Dette vasche sono collegate da canali in modo che, aprendo la valvola della prima vasca costruita sull’ipotenusa, le vasche costruite sui quadrati dei cateti posti a un livello inferiore si riempiano, e così via per tutte le vasche più piccole. 

I canali di collegamento tra una vasca e l’altra diminuiscono di numero in modo da rallentare lo svuotamento e segnalare il passaggio del liquido. Le vasche presentano diversa gradazione di colore a seconda delle dimensioni (più la vasca è grande, più scuro è il suo colore) in modo che il liquido, passando da una vasca più ampia ad una meno ampia, col cambiamento cromatico evidenzi che la profondità della vasca corrente è minore di quella immediatamente a monte, come negli spazi aperti dove il diverso colore della superficie delle acque segnala la maggiore o minore profondità di una massa d’acqua.

L’acqua contenuta nella vasca di partenza (la maggiore) riempie esattamente le due vasche più piccole collegate alla prima. A sua volta, il contenuto di ognuna di queste riempie esattamente le due vasche ancora più piccole poste più in basso. Al termine del percorso compiuto dall’acqua, possiamo verificare come il contenuto della vasca di partenza abbia riempito le 16 vasche di fronte a noi. 

La fontana rappresenta il principio che sottende al Teorema di Pitagora e che incontreremo nuovamente, più avanti osservando l’exhibit denominato Albero del Teorema, lo studio del quale può aiutarci a comprendere come esprimere in termini numerici la relazione che lega una vasca più grande alle due più piccole che da essa si sviluppano.

Solo per completezza ricordiamo che il teorema di Pitagora è una relazione tra i tre lati di un triangolo rettangolo ove con questo termine si intende un triangolo in cui due lati (cateti) formano un angolo retto (90°). Il lato opposto all'angolo retto è l’ipotenusa. 

Il teorema enuncia che in un triangolo rettangolo, l'area del quadrato costruito sull’ipotenusa è uguale alla somma delle aree dei quadrati costruiti sui cateti.

Un’antica leggenda narra che Pitagora formulò il teorema nell’attesa di essere ricevuto da Policrate, tiranno di Samo. Osservando la pavimentazione del salone, fatta di mattonelle quadrate, si accorse che una di esse era rotta lungo la diagonale, così da formare due triangoli rettangoli uguali. 

Pitagora notò come il quadrato costruito sulla diagonale di rottura della mattonella, ed avente come lati le diagonali delle mattonelle circostanti, fosse pari alla somma dei quadrati costruiti sui due lati adiacenti del triangolo rettangolo rimasto.

La dimostrazione fu veloce: l'area del quadrato costruito sulla diagonale della mattonella è quattro mezze mattonelle, cioè due mattonelle, la cui area dunque equivale a quella delle due mattonelle costruite sui lati adiacenti del triangolo rettangolo. 

Anche se i triangoli della leggenda erano non solo rettangoli ma anche isosceli (con due cateti uguali), Pitagora successivamente estese la validità del teorema anche a triangoli rettangoli non isosceli (cioè i cui cateti sono di lunghezza diversa) così da generalizzare il teorema nella forma che conosciamo oggi. 

La leggenda conclude che quel giorno Pitagora sacrificò un bue, proprio come era solito fare dopo ogni intuizione matematica.

Passando dalla leggenda alla realtà storica, la questione se il teorema di Pitagora sia stato scoperto una sola volta da una sola persona, o in più tempi e luoghi diversi è ancora molto dibattuta. In effetti sembra vi siano evidenze che il teorema fosse già noto ai babilonesi. 

É una possibilità che Pitagora abbia trasmesso ai greci informazioni apprese durante i suoi frequenti viaggi in Egitto e (forse) in Mesopotamia.

Si dovrà però aspettare Euclide perché il teorema venga dimostrato ufficialmente negli “Elementi”, la fondamentale opera di matematica del mondo antico, redatta nel 300 a. C. cioè circa due secoli dopo la morte di Pitagora. La proposizione 47 del libro I stabilisce che “nei triangoli rettangoli, l'area del quadrato costruito sul lato sotteso all'angolo retto, è uguale alla somma delle aree dei quadrati costruiti sui lati contenenti l'angolo retto”.

Non è impossibile che Euclide abbia trascritto una dimostrazione precedente, magari opera di Pitagora: tuttavia il fatto che quest’ultimo non abbia mai lasciato nulla di scritto comporta che la paternità di tale dimostrazione non può essergli attribuita con certezza.